OSPEDALE. NON E' UN INSIEME DI SINGOLI REPARTI
Un'analisi di come deve essere l'Ospedale ed in particolar modo, l'ospedale di Montebelluna
È fondamentale partire dalla consapevolezza che un ospedale non è strutturato come un semplice insieme di singoli reparti, che lavorano autonomamente nella gestione di una patologia; al contrario, come il corpo umano funziona con una cooperazione integrata tra i diversi organi e apparati, così l’ospedale, che fa fronte alle patologie del corpo, è organizzato in servizi che devono cooperare tra loro per poter curare in modo completo e organico una patologia. Come nel corpo l’alterazione di un organo influenza anche gli altri apparati, così il malfunzionamento o l’eliminazione di un reparto si ripercuote su molti altri.
In un ospedale, il Pronto Soccorso è la porta d’accesso dove il malato si presenta e dove viene primariamente valutato, per capire il problema principale che è causa del suo malessere. Il medico, per fare questo, avvia delle indagini iniziali e si avvale, oltre che della propria conoscenza ed esperienza professionale, della cooperazione degli specialisti, per poter capire la patologia preminente e stabilire o la terapia adeguata o la necessità di un ricovero nel reparto più adatto; una volta in reparto, lo specialista si confronta con altri colleghi per la gestione del malato nella sua completezza. Chiudere o spostare un reparto in un altro ospedale, anche se della stessa USL, non vuol dire, dunque, semplicemente chiudere un servizio, ma mettere in difficoltà l’intero ospedale.
Nel caso particolare di Montebelluna, chiudere un servizio cardine come la cardiologia d’urgenza non vuol dire solo trasferire alcuni servizi a un ospedale vicino, ma avrà come conseguenze che il Pronto Soccorso e la Rianimazione saranno enormemente indebolite, che la Medicina e la Geriatria saranno rallentate nelle dimissioni, tenuto conto che la maggior parte dei loro pazienti ha problemi cardiaci di base che ne causano il ricovero. Inoltre, occorre tenere conto di un fatto non secondario: la situazione che si creerà non incentiverà la permanenza di specialisti esperti, la formazione, l’aggiornamento e la crescita dei cardiologici che rimarranno in servizio a Montebelluna, che diventerà una sede di 2° livello. Un bravo cardiologo, esperto o giovane e motivato, può rimanere in un servizio dove le urgenze e le patologie più stimolanti professionalmente e interessanti vengono trasferite in un altro ospedale? Un bravo medico di Pronto Soccorso, poi, accetterà di rimanere in una sede dove non riesce a garantire un’adeguata cura ai pazienti, dove si deve scontrare con la mancanza di servizi e di posti letto, dove deve prendersi responsabilità per altri perché non gli sono garantiti aiuti dagli specialisti per le patologie più gravi e frequenti, come infarto o aritmia cardiaca? Infine, un bravo anestesista si adatterà a stare in una Rianimazione dove non c’è una Cardiologia capace di far fronte a una complicanza cardiologica acuta?
Era accaduta la stessa cosa alla Neurologia di Montebelluna: inizialmente aveva chiuso per le vacanze estive, poi è stata cancellata come reparto, garantendo 4 posti letti neurologici nella Medicina, e ha visto, infine, definitivamente eliminati anche i ricoveri neurologici. Stessa sorte per la Gastroenterologia, che ora ha chiuso persino con le endoscopie d’urgenza, che vengono fatte solo a Castelfranco, dove devono essere trasferiti paziente instabili che vomitano sangue e che hanno il concreto rischio di morire dissanguati durante il trasporto in ambulanza. Il medesimo processo ha riguardato, infine, il Centro Trasfusionale, che è stato centralizzato a Castelfranco, garantendo a Montebelluna solo un’emoteca con il sangue urgentissimo; peraltro, per richiedere sangue, non possono non passare meno di 30 minuti tra la chiamata all’autista reperibile, che da casa viene a Montebelluna a prendere la richiesta e poi va a Castelfranco a prendere il sangue, per tornare a Montebelluna a riportare il sangue.
Per come stanno andando le cose, appare chiaro che lo stesso destino sta colpendo la Cardiologia: prima sono state trasferite le urgenze ischemiche, poi non si sono più pagati gli straordinari ai cardiologici che lavoravano negli ambulatori, dove pure manca il personale adeguato, riducendo così i servizi come ad esempio per i test da sforzo che si eseguono solo 2 giorni la settimana, ora viene trasferita anche l’elettrofisiologia, che comporta il posizionamento di pace makers e le ablazioni. È probabile, quindi, che la Cardiologia riabilitativa, che vogliono aprire, verrà accorpata prima o poi alla Medicina, alla quale hanno nel frattempo tolto 25 posti letto, lasciando un servizio ambulatoriale giornaliero e feriale. A questo a catena di “chiusure indotte” seguiranno, per forza di cose, quelle della Rianimazione e della Chirurgia che, senza Rianimazione, non può operare, della Ginecologia, che ha necessità anch’essa della Rianimazione e, infine, della Pediatra.
Cosa resterà a Montebelluna? Un Pronto Soccorso sguarnito dei principali aiuti, come, appunto, la Rianimazione, la Cardiologia e la Chirurgia per le urgenze. Ma i cittadini del vastissimo territorio di Montebelluna, che va da Valdobbiadene a Nervesa della Battaglia, avranno le stesse opportunità di salvarsi in caso di patologia acuta e grave rispetto a un cittadino che abita nel circondario di Castelfranco, che ha almeno 4 ospedali di 1° livello (Camposampiero, Cittadella, Treviso e Padova) a meno di 30 minuti? Questo vuol dire non garantire le stesse opportunità di servizio sanitario per tutti i cittadini che pagano le stesse tasse: è semplicemente una vergogna. La sanità non può essere un privilegio in mano alle lobby politiche, perché in caso di urgenze vere e proprie, in occasione magari di un comizio elettorale, potrebbero avere un infarto anche quegli esponenti politici che hanno ridotto le forze all’ospedale a Montebelluna, o avere un incidente stradale figli di padri che stanno togliendo i servizi a un territorio vastissimo. L’uguaglianza di fronte alla malattia e alla vita deve essere preservata con tutte le forze, avendo piena conoscenza delle conseguenze che determinate scelte hanno sulla pelle di persone in carne ed ossa, prima ancora che sui bilanci degli enti pubblici.
Nel caso particolare di Montebelluna, chiudere un servizio cardine come la cardiologia d’urgenza non vuol dire solo trasferire alcuni servizi a un ospedale vicino, ma avrà come conseguenze che il Pronto Soccorso e la Rianimazione saranno enormemente indebolite, che la Medicina e la Geriatria saranno rallentate nelle dimissioni, tenuto conto che la maggior parte dei loro pazienti ha problemi cardiaci di base che ne causano il ricovero. Inoltre, occorre tenere conto di un fatto non secondario: la situazione che si creerà non incentiverà la permanenza di specialisti esperti, la formazione, l’aggiornamento e la crescita dei cardiologici che rimarranno in servizio a Montebelluna, che diventerà una sede di 2° livello. Un bravo cardiologo, esperto o giovane e motivato, può rimanere in un servizio dove le urgenze e le patologie più stimolanti professionalmente e interessanti vengono trasferite in un altro ospedale? Un bravo medico di Pronto Soccorso, poi, accetterà di rimanere in una sede dove non riesce a garantire un’adeguata cura ai pazienti, dove si deve scontrare con la mancanza di servizi e di posti letto, dove deve prendersi responsabilità per altri perché non gli sono garantiti aiuti dagli specialisti per le patologie più gravi e frequenti, come infarto o aritmia cardiaca? Infine, un bravo anestesista si adatterà a stare in una Rianimazione dove non c’è una Cardiologia capace di far fronte a una complicanza cardiologica acuta?
Era accaduta la stessa cosa alla Neurologia di Montebelluna: inizialmente aveva chiuso per le vacanze estive, poi è stata cancellata come reparto, garantendo 4 posti letti neurologici nella Medicina, e ha visto, infine, definitivamente eliminati anche i ricoveri neurologici. Stessa sorte per la Gastroenterologia, che ora ha chiuso persino con le endoscopie d’urgenza, che vengono fatte solo a Castelfranco, dove devono essere trasferiti paziente instabili che vomitano sangue e che hanno il concreto rischio di morire dissanguati durante il trasporto in ambulanza. Il medesimo processo ha riguardato, infine, il Centro Trasfusionale, che è stato centralizzato a Castelfranco, garantendo a Montebelluna solo un’emoteca con il sangue urgentissimo; peraltro, per richiedere sangue, non possono non passare meno di 30 minuti tra la chiamata all’autista reperibile, che da casa viene a Montebelluna a prendere la richiesta e poi va a Castelfranco a prendere il sangue, per tornare a Montebelluna a riportare il sangue.
Per come stanno andando le cose, appare chiaro che lo stesso destino sta colpendo la Cardiologia: prima sono state trasferite le urgenze ischemiche, poi non si sono più pagati gli straordinari ai cardiologici che lavoravano negli ambulatori, dove pure manca il personale adeguato, riducendo così i servizi come ad esempio per i test da sforzo che si eseguono solo 2 giorni la settimana, ora viene trasferita anche l’elettrofisiologia, che comporta il posizionamento di pace makers e le ablazioni. È probabile, quindi, che la Cardiologia riabilitativa, che vogliono aprire, verrà accorpata prima o poi alla Medicina, alla quale hanno nel frattempo tolto 25 posti letto, lasciando un servizio ambulatoriale giornaliero e feriale. A questo a catena di “chiusure indotte” seguiranno, per forza di cose, quelle della Rianimazione e della Chirurgia che, senza Rianimazione, non può operare, della Ginecologia, che ha necessità anch’essa della Rianimazione e, infine, della Pediatra.
Cosa resterà a Montebelluna? Un Pronto Soccorso sguarnito dei principali aiuti, come, appunto, la Rianimazione, la Cardiologia e la Chirurgia per le urgenze. Ma i cittadini del vastissimo territorio di Montebelluna, che va da Valdobbiadene a Nervesa della Battaglia, avranno le stesse opportunità di salvarsi in caso di patologia acuta e grave rispetto a un cittadino che abita nel circondario di Castelfranco, che ha almeno 4 ospedali di 1° livello (Camposampiero, Cittadella, Treviso e Padova) a meno di 30 minuti? Questo vuol dire non garantire le stesse opportunità di servizio sanitario per tutti i cittadini che pagano le stesse tasse: è semplicemente una vergogna. La sanità non può essere un privilegio in mano alle lobby politiche, perché in caso di urgenze vere e proprie, in occasione magari di un comizio elettorale, potrebbero avere un infarto anche quegli esponenti politici che hanno ridotto le forze all’ospedale a Montebelluna, o avere un incidente stradale figli di padri che stanno togliendo i servizi a un territorio vastissimo. L’uguaglianza di fronte alla malattia e alla vita deve essere preservata con tutte le forze, avendo piena conoscenza delle conseguenze che determinate scelte hanno sulla pelle di persone in carne ed ossa, prima ancora che sui bilanci degli enti pubblici.